estratto dal testo Marcello Mantegazza: THE END. Ma non è la fine.
di Barbara Martusciello
(…) nei volumi scalpellati avviene un’affine progressione lenta, meticolosa, quasi zen e allo stesso tempo ansiosa, forsennata; in questo procedimento ondivago è messo in atto un deliberato ossimoro che restituisce l’idea dell’insondabilità dell’esistenza, dell’incertezza del nostro destino. L’artista non demorde mai e cerca, cerca, usa il tempo per rintracciare e va letteralmente a fondo della questione: prende dei testi rilegati – scelti non per il loro complessivo contenuto ma in quanto, più generalmente, libri – e, lasciandoli chiusi, ne intacca le pagine, scavando sino a creare una specie di micro-pozzo dove individua, proprio all’estremità del buco, la parola da evidenziare. Egli porta quindi avanti un attraversamento e una prassi selettiva che, ancora una volta, muove dalla risoluzione dell’appropriamento di un dato, del suo passaggio per sempre nella forma dell’arte che è sguardo altro sul mondo, tangibile e non, ma a partire da se stessi.